L’associazione religiosa si basa sul culto di Publio Cornelio Scipione l’Africano Maggiore quale semidio e sul culto di Odino e delle divinità della Grecia Antica.
Sull’utilizzo dei poteri della mente e della magia per lo sviluppo sia materiale, sia spirituale.
WOTAN (Odino)
Odino (norreno Óðinn, anglosassone Woden, tedesco Wotan, longobardo Gòdan è una delle principali divinità del pantheon norreno, e in particolare dio della guerra, della magia, della sapienza e della poesia.
Odino dimora ad Ásgarðr, nel palazzo di Válaskjálf innalzato da lui stesso, dove, seduto sul trono Hliðskjálf, osserva ciò che accade in ciascuno dei Nove Mondi. In battaglia brandisce Gungnir, la sua lancia e cavalca Sleipnir, il suo destriero a otto zampe, nato da una portentosa unione tra il dio Loki (momentaneamente trasformato in giumenta) e il cavallo Svaðilfœri.
Figlio di Borr e della gigantessa Bestla, fratello di Víli e Vé, marito di Frigg e padre di molti degli dèi, tra cui Thor, Baldr, Víðarr e Váli. Spesso viene inoltre definito “padre di tutti gli dèi”, o addirittura Allföðr (“padre del tutto”).
Come dio guerriero raduna gli eroi morti in battaglia nel Valhalla, gli einherjar, presiedendo al loro banchetto. Infine Odino guiderà gli dèi e gli uomini contro le forze del caos nell’ultima battaglia, quando giungerà il Ragnarök, la fine del mondo, nel quale il dio sarà ucciso, inghiottito dal temibile lupo Fenrir, per essere immediatamente vendicato da Víðarr che ne lacererà le fauci dopo avergli piantato un piede nella gola.
Un importante tempio di Odino sorgeva ad Uppsala, in Svezia
Odino è la massima divinità degli Asi, è il padre degli uomini, il dio creatore
Odino è la figura in cui si incarna meglio il concetto di assoluto e quindi di divinità.
Il suo nome deriva dalla radice indoeuropea *WAT, nella quale è espresso il concetto di ispirazione e furore.
Odino è figlio di Bestla, una gigantessa, e Borr, l’essere primordiale. Dalla mescolanza di queste 2 stirpi nasce Odino, la massima divinità. Nel suo essere c’è il patrimonio di saggezza e ricchezza dei giganti e la capacità di avvalersene per i propri fini. Gran parte della sua saggezza l’acquisì bevendo un sorso del prezioso liquido dalla fonte del gigante Mímir, ma in cambio dovette cedere il suo occhio.
Egli è il dio creatore, nei miti della creazione dà agli uomini spirito e vita, insieme a Vili e Vé, quindi è considerato padre degli dèi e degli uomini.
Odino incarna molte potenzialità: è dio benevolo e soccorrevole, ma anche crudele e vendicativo; il suo temperamento è ingannevole e imprevedibile. E’ il dio dei vivi, padre degli dèi e degli uomini; ma è anche il dio dei morti, dei guerrieri caduti in battaglia. E’ il dio della magia.
Uno dei miti racconta come egli sottrasse il sacro idromele ai giganti, che rende poeta chi lo beve: è quindi dio della parola e della poesia, quindi protettore degli scaldi (gli antichi poeti scandinavi).
La saggezza di Odino
Essendo il più antico degli dèi e il creatore del mondo e di tutte le cose, Odino è il signore della sapienza, conoscitore delle cose antiche e profonde. Egli ha imparato per primo tutte le arti e in seguito gli uomini le hanno apprese da lui. Tra i molti epiteti di Odino, parecchi si riferiscono alla sua immensa sapienza: Fjölnir e Fjölnsviðr (“assai sapiente”), Sanngetall (“che intuisce il vero”), Saðr o Sannr (“che dice il vero”), Forni (“antico”) e Fornölvir (“antico sacerdote”), cioè conoscitore di tutte le cose dal principio.
La sapienza di Odino è conoscenza, magia e poesia al tempo stesso. Egli non solo conosce i misteri dei Nove Mondi e l’ordine delle loro stirpi, ma anche il destino degli uomini e il fato stesso dell’universo.
Odino ama disputare con creature antiche e sapienti. Sotto le mentite spoglie di Gágnraðr (“stanco del cammino”) si giocò la vita sfidando a una gara di sapienza il possente gigante Vafþrúðnir, la cui erudizione era rinomata in tutti i Nove Mondi, e dopo una serie di domande sul passato, il presente e il futuro del mondo, a cui il gigante rispose prontamente, Gágnraðr domandò allora che cosa avesse sussurrato il dio Odino a Baldr prima che questi fosse posto sulla pira. Vafþrúðnir a questo punto lo riconobbe, ma aveva ormai perso la gara.
Un’altra volta, dicendo di chiamarsi Gestumblindi (“l’ospite cieco”), il dio sfidò un re di nome Heiðrekr ad una gara di indovinelli. Dopo una serie di quesiti a cui il re rispose senza difficoltà, Odino gli pose la medesima domanda che già aveva posto a Vafþrúðnir. A quella domanda il re cercò di ucciderlo, ma il dio gli sfuggì trasformandosi in falco.
Odino tiene accanto a sé la testa recisa[3] di Mímir, fonte inesauribile di conoscenza che gli rivela molte notizie dagli altri mondi (Völuspá 45). In un’altra versione (Völuspá 28) dello stesso motivo mitologico, Odino si cava un occhio e lo offre in pegno a Mímir per attingere un sorso di idromele da Mímisbrunnr, la fonte della saggezza che il gigante custodisce. L’occhio di Odino rimane, quindi, nella fontana e lo stesso Mímir ne beve ogni giorno l’idromele.[4] Da quella mutilazione derivano gli epiteti di Bileygr (“guercio”) e Báleygr (“occhio fiammeggiante”).
Le rune
Odino conosce i segreti delle rune, le lettere che, incise sul legno, sulla pietra, sulle lame delle spade, sulla lingua dei poeti, sugli zoccoli dei cavalli, sono l’origine stessa di ogni conoscenza e di ogni potere. Odino ottenne questa sapienza, diventando il primo Erilaz, ovvero il primo “maestro runico”, immolando sé stesso in sacrificio a sé stesso.
Infatti per apprendere l’arte delle rune e della divinazione rimase appeso a un albero (verosimilmente Yggdrasill[6]) per nove giorni e nove notti.
Odino, Dio della guerra
Fra le tante figure di divinità guerriere della mitologia norrena, Odino si distingue per essere Sigrföðr (“padre della vittoria”), perché decide nelle battaglie a chi debba andare la vittoria, e Valföðr, (“padre dei caduti”), perché sono suoi figli adottivi tutti coloro che cadono in battaglia. Con questi due nomi egli distribuisce in battaglia la vittoria e la morte: entrambi doni graditi ai guerrieri.
Odino è anche il guerriero per eccellenza, che combatte con le sue arti magiche. Molti dei suoi epiteti ricordano questo suo aspetto bellicoso: egli è detto Gunnarr (“signore della battaglia”), Göllnir (“[colui che] è nel frastuono”), Þróttr (“forte”), Atriðr (“[colui che] cavalca in battaglia”), Fráríðr (“[colui che] avanza cavalcando”).
L’infallibile lancia che egli regge in pugno, che gli è stata donata dai nani “figli di ĺvaldi”, si chiama Gungnir. Con quella lancia egli iniziò la prima guerra nel mondo, il conflitto tra Æsir e Vanir. Da allora, alla vigilia delle battaglie la rivolge verso la schiera alla quale ha decretato la sconfitta. Egli è detto perciò Dörruðr (“[colui che] combatte di lancia”), Dresvarpr (“[colui che] scaglia la lancia”), Geirloðnir (“[colui che] invita con la lancia”), Biflindi (“[colui che] scuote la lancia”). Odino possiede anche un elmo d’oro, onde per cui è detto Hjálmberi (“[colui che] porta l’elmo”).
Odino appare tremendo ai nemici, poiché è esperto nell’arte della trasformazione. Ha in guerra il potere di accecare, assordare o atterrire i nemici, di scatenare il terrore nelle schiere, di rendere le armi inette a ferire come semplici ramoscelli. Nessuno può scagliare così forte una lancia nella mischia senza che lui riesca a fermarla con un solo sguardo. Le sue capacità guerriere hanno una base magica, in quanto dipendono dalla sua conoscenza delle rune e degli incantesimi.
Lui stesso sceglie chi proteggere nella mischia, infatti nella Saga degli Ynglingar 2 si dice che Odino era solito imporre le mani sul capo dando la benedizione (bjának), e i suoi devoti guerrieri erano certi di ottenere la vittoria. Mediante questa pratica venivano infusi di energie divine, che garantivano l’invulnerabilità e la certezza di uscire sano e salvo dalla battaglia.
Quelli a lui devoti confidano in lui e lo invocano come Sigföðr (“padre di vittoria”), Sighöfundr (“giudice di vittoria”), Sigtýr (“dio di vittoria”), Sigþrór (“proficuo nella vittoria”), Sigrunnr (“albero di vittoria”) e via dicendo. La tradizione riporta molti esempi di guerrieri che innalzarono sacrifici e invocazioni a Odino per ottenere il successo in battaglia.
Ma per gli eletti del dio ottenere la vittoria o morire gloriosamente sono due cose ugualmente desiderabili. I caduti sono a tutti gli effetti i “prescelti” del dio. Odino li accoglie come suoi figli adottivi nel Valhalla, dove essi parteciperanno all’eterno banchetto da lui presieduto. Óðinn è dunque parimenti invocato come Valföðr (“padre dei prescelti”), Valtýr (“dio dei prescelti”), Valkjósandi (“[colui che] sceglie i prescelti”), Valþögnir (“[colui che] accoglie i prescelti”) e via dicendo. Ad una veggente risvegliata dal regno dei morti, Odino si presenta come figlio di Valtamr (“aduso [alla scelta] dei prescelti”) , ed anche questo in verità è un suo appellativo.
È appunto in questo modo, stabilendo a chi tocchi la morte sui campi di battaglia del mondo, che il dio sceglie i suoi campioni, i quali formeranno la schiera degli Einherjar, i guerrieri destinati a formare la sua schiera e lottare al suo fianco nel giorno di Ragnarök. Essi formano l’esercito infernale di anime guidato dallo stesso Odino, che in questa guisa è detto Herföðr ed Herjaföðr (“padre della schiera”), Hertýr (“dio della schiera”), Herjann (“[signore della] schiera”) ed Herteitr (“lieto della schiera”).
Legati al culto di Odino erano le congregazioni dei guerrieri estatici, gli úlfheðnar ed i berserkr, (letteralmente “lupi mannari” e i “vestiti d’orso”), i quali, prima della battaglia, entravano in uno stato di furia, detto berserksgangr, nel quale cominciavano a ringhiare, sbavare ed a mordere l’orlo degli scudi. Successivamente si gettavano in battaglia urlando, mulinando spade e scuri, facendo il vuoto tutto intorno, insensibili al dolore e alla fatica, per poi crollare esausti.
Odino era anche conosciuto come “signore degli impiccati”. Fonti primarie[7] affermano che ogni nove anni al tempio di Uppsala si svolgeva un solenne blót (un sacrificio pubblico) nel quale venivano sacrificati al dio schiavi, criminali ed esemplari maschi di animali. Il sacrificio avveniva appendendo o impiccando le vittime a degli alberi, rievocando il sacrificio che il dio compì per ottenere le rune.
Nella leggenda popolare Odino è alla testa della caccia selvaggia, un corteo notturno che terrorizza coloro che malauguratamente lo incontrano.
Odino, Dio della poesia
Il furore spirituale, di cui Odino è il dio, non si manifesta solo nella battaglia, ma anche nelle composizioni letterarie. Per questo Odino è anche il dio dei poeti.
Si narra che parlasse sempre in versi e anche che fu lui a dare inizio nel nord dell’Europa all’arte della poesia, che è potere soprannaturale non lontano dalla stessa magia, perché tra le qualità di poeta, vate, profeta e mago non vi è sostanziale differenza.
Odino rubò ai giganti il sacro idromele che oltre a donargli la conoscenza delle rune, gli donò anche l’arte poetica. Si dice che versò parte di quell’idromele sulla Terra, elargendo agli esseri umani il dono inestimabile del canto.
Odino, Dio della magia
In quanto patrono della magia, Odino pratica spesso il seiðr, una forma di divinazione che implica comportamenti sessuali giudicati falsamenti ambigui o vergognosi. Il fratellastro Loki, nella Lokasenna, lo accusa per questo di avere “modi effeminati”.
Secondo il racconto della Saga degli Ynglingar, Ásgarðr era luogo di sacrifici solenni cui presiedevano dodici sacerdoti (detti díar o drótnar) che erano al contempo i capi preminenti cui spettavano le decisioni e i giudizi. Essi sarebbero poi stati divinizzati dai loro sudditi. Nel caso di Odino si dice che, sentendosi prossimo a morire, lasciò la Svezia affermando che sarebbe tornato nella sua antica patria, chiamata Goðheimr (“paese degli dèi”), e i suoi seguaci credettero che allora egli fosse tornato ad Ásgarðr per vivere in eterno.
Nell’antichità
Nonostante nell’immaginario comune Odino sia spesso considerato la divinità principale del pantheon norreno, la sua preminenza è databile solo nei secoli più tardi del politeismo del Nord Europa, dove comunque non risulta largamente diffusa. Si ipotizza che il culto di Odino provenga dalla Danimarca, da dove, intorno al IV secolo , si sia diffuso nella penisola scandinava, più in Svezia che in Norvegia. Assenti sono invece tracce del culto di Odino in Islanda dove pare (anche tramite lo studio dei toponimi) che fosse di gran lunga prevalente il culto di Thor. Si suppone che gli emigrati scandinavi che colonizzarono l’Islanda fossero specialmente devoti, oltre che a Thor, anche a divinità agricole come Freyja e Njörðr, e che abbandonarono la penisola per contrasti con il re Haraldr Hárfagri (Harald Bellachioma), fervente cultore di Odino.
In generale, essendo Odino un dio della guerra e della magia, era particolarmente caro ai guerrieri e agli individui più marginali della società, dove invece gli agricoltori e i proprietari di fattorie preferivano divinità dell’ordine come Thor o della fertilità come Freyja o Freyr. Odino fu dunque particolarmente venerato durante l’epoca vichinga, dai giovani che compivano le spedizioni di saccheggio lungo le coste dell’Europa settentrionale.
Sacrifici umani
Raramente, prima o dopo dei combattimenti, si usava sacrificare prigionieri a Odino. È possibile che l’uomo di Tollund, ritrovato nello Jutland nudo e impiccato insieme ad altri sia uno di questi casi. Nel caso specifico dei sacrifici umani a Odino, erano usate tecniche come l’impiccagione, l’impalamento su lance acuminate o la messa al rogo. La Orkneyinga saga cita un ulteriore (e inconsueto) rituale, la cosiddetta aquila di sangue consistente nella separazione e successiva apertura delle costole dalla colonna vertebrale.
Proscrizione da parte del Cristianesimo
Nel corso della cristianizzazione la venerazione nei confronti delle divinità norrene e con esse di Odino non fu completamente estinta. Continuarono ad esistere come icone diaboliche o maligne, un’altra strategia consistette nella progressiva sostituzione delle divinità pagane con figure cristiane.
Un ulteriore traccia del proseguimento della tradizione della mitologia norrena sono gli incantesimi di Merseburgo nei quali viene citato Woutan.
A partire dalla seconda metà del XX secolo una nuova religione neopagana che si rifà alla tradizione norrena dell’antichità ha cominciato a diffondersi; tale culto è stato denominato Etenismo. Una denominazione della religione etena, l’Odinismo, è particolarmente incentrata sulla figura di Odino.
Le origini dell’Odinismo sono da ricercarsi nell’opera dell’australiano Alexander Rud Mills il quale, negli anni Trenta fondò una prima Chiesa odinista. Oggi è religione riconosciuta ufficialmente in Islanda, Norvegia e Danimarca, ma il culto è presente in modo organizzato anche in Gran Bretagna, Francia, Belgio, Olanda, Germania, Nord America e altri. Esistono gruppi di credenti anche in Italia supportati dalla Comunità Odinista; i suoi membri si rifanno alla religione ancestrale dei Longobardi praticando l’Odinismo e promuovendo la difesa delle risorse naturali.
Odino nella cultura moderna
Il XII arcano maggiore dei Tarocchi rappresenta un uomo appeso a testa in giù ad un albero per un piede. Il suo significato esoterico è quello del mutamento o dell’iniziazione. Anche se la tradizione popolare lega questa carta a Giuda Iscariota è difficile non notare le somiglianze con la storia di Odino come narrata nella Hávamál.
In inglese, il nome del terzo giorno della settimana, “Wednesday” (ossia, il mercoledì), deriva dal nome anglosassone di Odino: Woden; “Wednesday” è, pertanto, “il giorno dedicato ad Odino”. Nelle lingue scandinave, allo stesso modo, il terzo giorno della settimana deriva dalla stessa divinità: “Onsdag” in norvegese, svedese e danese significa appunto il giorno (dag) di Odino (Ons, forma al genitivo e abbrievata di Odino).
Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum scrive che è stato Wotan ad inventare il nome Longobardi: infatti, questa popolazione nomade di origine scandinava, si chiamava in realtà “Winnili” o “Winniler”. Il libro medievale narra che i Winnili assediati dai Vandali in una regione del nord della Germania, nell’imminenza della battaglia, cercando protezione dal dio Wotan, si presentarono di fronte al sole nascente per farsi riconoscere. Le donne dei Winnili vedendo la loro inferiorità numerica rispetto ai nemici, per far credere al dio che i guerrieri fossero più numerosi di quanto in realtà erano, si legarono i loro lunghi capelli intorno al viso, come fossero lunghe barbe. Quando Wotan in persona li vide, ne fu colpito ed esclamò, in antico tedesco: “Langbärte!” ovvero “Lunghe barbe!”, da cui la latinizzazione in “Longobardi”.
Simbolo della sua potenza regale è l’anello Draupnir, a lui donato dai nani. Altro dono dei nani fu la sua lancia Gungnir. Egli possiede anche un elmo d’oro e uno scudo.
Per i suoi appellativi ricorda il Dio Mercurio dei Romani: egli è il Dio dei viandanti, dei viaggi e del commercio.
Il mercoledì è detto in norreno il giorno di Odino: ódinsdagr
